– Albus Severus. Tu porti il nome di due Presidi di Hogwarts. Uno di loro era un Serpeverde e probabilmente l’uomo più coraggioso che io abbia mai conosciuto.
– Ma se…
… vorrà dire che la Casa di Serpeverde avrà guadagnato un ottimo studente, no? A noi non importa, Al. Ma se per te è importante, potrai scegliere Grifondoro invece di Serpeverde. Il cappello parlante tiene conto della tua scelta.
– Davvero?
– Con me l’ha fatto.
Non si è mai troppo grandi per Harry Potter. Chi è cresciuto in compagnia del maghetto lo sa. Così come lo sanno tutti coloro che, da adulti, si sono buttati nella lettura dei sette libri della saga e si sono lasciati conquistare da un mondo carico di magia ma allo stesso tempo così vero e umano.
Sembra passata una vita da quando eravamo tutti in trepidazione in attesa dell’uscita del settimo libro. E da quando, soddisfatti e un tantino malinconici, lo abbiamo chiuso, lasciando Harry, Ron, Hermione e Ginny sul binario nove e tre quarti, diciannove anni dopo la battaglia di Hogwarts e la sconfitta del Signore Oscuro. Harry e i suoi amici stavano accompagnando i loro figli a prendere il treno che li avrebbe portati alla Scuola di Magia e Stregoneria più famosa del mondo. Proprio in quel momento avevamo conosciuto Albus Severus Potter, secondogenito di Harry, in partenza per il suo primo anno a Hogwarts e in enorme ansia per la futura scelta del Cappello Parlante, che avrà il compito di assegnare il ragazzo a una delle quattro casate. E se dovesse finire in Serpeverde? Che cosa diranno di lui? E che cosa penserà suo padre?
Già, perché Harry adesso è un padre, e sta facendo di tutto per essere un buon genitore. Ma il rapporto con Albus non è per niente facile. Se non era facile essere Harry, è ancora più difficile essere suo figlio: affrontare gli sguardi delle persone, dover dimostrare di essere all’altezza, soddisfare le grandi aspettative.
È proprio questo rapporto tra padre e figlio il fulcro su cui è costruita la nuova storia e da cui prende il via la nuova avventura. Un viaggio tra presente e passato, tra personaggi vecchi e nuovi, tra sogni e realtà, dove non mancheranno gli elementi che caratterizzano l’universo magico creato da J.K. Rowling: dalle Pozioni Polisco alle GiraTempo, dai terribili Disegnatori ai saggi centauri, dai ritratti in grado di parlare alle cicatrici che fanno male e ti svegliano nel cuore della notte.
Quello che cambia è la formula. Non siamo più davanti a un romanzo, ma a un vero e proprio spettacolo teatrale, basato su una storia originale di J.K. Rowling e scritto da Jack Thorne e John Tiffany. Quello che leggeremo, quindi, sarà un copione di teatro, dove forse mancheranno le descrizioni e i passaggi più riflessivi e introspettivi che avevano reso memorabili i sette romanzi della saga, ma che saranno perfettamente sostituiti da dialoghi freschi e brillanti, colorati da un tocco di simpatia e ironia.
Sulla trama non diremo niente. Per evitare di rovinarvi in qualche modo questa nuova avventura. E per evitare di essere colpiti da eventuali maledizioni. Quindi mettiamo giù la piuma d’oca e ci fermiamo qui. Draco dormiens nunquam titillandus.
Titolo: Harry Potter e la maledizione dell’erede
Autori: J.K. Rowling, John Tiffany e Jack Thorne
Editore: Salani
Anno: 2016
Titolo originale: Harry Potter and the Cursed Child
Traduttore: Luigi Spagnol
357 pagine
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